martedì, giugno 30, 2009

Quali prospettive post-lauream per gli studenti africani in Italia?

“Non diventare coccodrilli. E’un imperativo, non un consiglio”
Jean Leonard Touadi

Il 12 giugno nell’aula Magna della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova si è svolta la conferenza intitolata “Quali prospettive post lauream per gli studenti africani in Italia?”. L’iniziativa è stata organizzata da CUI, associazione ufficialmente nata alla fine dell’anno scorso, la quale, tuttavia, è il frutto di tre anni di comprovate attività nell’ambito dell’integrazione. Cui, composta da italiani e africani, ha l’obiettivo di avvicinare due realtà, quella italiana e quella africana, che talvolta appaiono lontane. Inoltre, cerca di realizzare attività mirate a coinvolgere gli africani, facendoli sentire parte della società italiana. La conferenza ha goduto anche della collaborazione di S.O.S, Solidarietà Organizzazione Sviluppo Onlus, attiva dal 1989 ed operante con progetti di cooperazione allo sviluppo in Africa, Repubblica Democratica del Congo e Tanzania, e in America Latina.


Nel proporre il tema della conferenza, CUI era consapevole che la problematica delle prospettive post lauream non riguarda esclusivamente i ragazzi africani, ma anche i ragazzi italiani, soprattutto in questo periodo. Tuttavia, vista la natura dell’associazione si è deciso di focalizzare l’attenzione su un determinato target, ossia gli studenti africani. Infatti, l’inserimento nel mondo del lavoro o una formazione di eccellenza possono contribuire a migliorare l’integrazione degli individui nella società di accoglienza, che presumibilmente hanno scelto quale società di futura appartenenza.

Parlare delle prospettive post lauream degli studenti africani era doveroso per dare continuità a quel progetto di vita che hanno intrapreso lasciando la loro amata e controversa Africa. Non dimenticandosi che tutti devono poter avere il diritto di rimanere nella propria terra, si può comprendere che le spinte a rimanere all’estero possano essere forti e condizionate da vari fattori, inerenti alla storia personale di ognuno. La conferenza prospetteva di far emergere la consapevolezza, di far comprendere agli studenti africani che possono essere una preziosa risorsa per questo Paese, l’Italia. Al contempo si voleva sottolineare l’estrema importanza di non scordarsi le proprie origini, la propria identità. Infatti, pur vivendo lontani dall’Africa, si può, si deve fare qualcosa per essa. L’Africa deve riappropriarsi di un ruolo che le è stato tolto, di cui è stata privata e gli studenti africani devono contribuire alla sua risalita. L’Africa ha bisogno più che degli aiuti allo sviluppo esterni, dei propri figli. Di africani che credano nell’Africa e nel suo riscatto. Con questi presupposti nasce l’idea della conferenza del 12 giugno e la scelta degli ospiti. Invero, sono intervenuti il professor Luigi Fabbris della Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università di Padova, l’Onorevole Jean Leonard Touadi e la dottoressa Ostanel Elena, in sostituzione dell’Assessore Alessandro Zan, assessore con deleghe a ambiente - agenda 21 - cooperazione internazionale – lavoro del Comune di Padova.

Il tema affidato al professor Fabbris riguardava la situazione degli studenti africani dell’Ateneo di Padova, durante gli studi e subito dopo la laurea. Attraverso dati statistici, provenienti da uno studio elaborato da E. A. Vivanou, studente di scienze statistiche, il professore ha mostrato come la percentuale degli studenti stranieri a Padova, il 2,7%, sia in linea con la media nazionale (2,6%). Inoltre, si è sottolineato come i ragazzi che lasciano l’Africa, la maggior parte dei quali possiede già al momento della partenza un diploma universitario, scelgano con maggior frequenza le facoltà di medicina e ingegneria, o comunque si concentrino sulle materie scientifiche. Pertanto, effettuano una scelta strategica del corso di studio, in vista di un inserimento lavorativo facilitato. Contrariamente alle aspettative, provengono da famiglie colte, il 46% ha il padre laureato, si laureano in media in 5 anni, come gli italiani, ma ottengono relativamente una votazione finale leggermente inferiore, 95/110 in media. Fabbris continua nell’esposizione, affermando che la decisione di venire in Italia e a Padova, nello specifico, è dettata dalla facilità di iscrizione e ammissione all’università, ma anche dalla notorietà dell’ateneo patavino. I problemi riscontrati riguardano, invece, i fenomeni discriminatori, non da parte degli studenti italiani, ma a parere degli africani, da parte dei professori. A questo proposito sarebbe necessario un ulteriore approfondimento per comprendere la vera natura di tale affermazione, ciò nonostante lo studio non è riuscito a recuperare informazioni adeguate in merito. Tutto sommato gli studenti africani sembrano avere un percorso accademico positivo, tenendo presente che il 41% affianca all’attività di studio anche quella lavorativa. Tuttavia, non sembrano interessarsi alla vita studentesca, infatti nessuno è mai stato eletto rappresentante degli studenti. Il disinteresse, vero o presunto, della maggior parte degli studenti africani per quasi tutto ciò che non sia inerente ai loro studi, è stato sottolineatto anche dalla Dottoressa Ostanel. Alla domanda di cosa il Comune di Padova stia facendo per valorizzare la risorsa rappresentata dai laureati africani, la Dottoressa ha preferito chiedere al pubblico cosa gli africani stessi abbiano fatto per richiamare l’attenzione dell’amministrazione comunale su questi argomenti. Di fatto, vi è la mancanza dell’incontro delle diverse istanze, dovuta presumibilmente ad una scarsa comunicazione tra i soggetti interessati. Non si avverte una chiara intenzione da parte degli studenti africani di essere protagonisti, di rivendicare certi diritti e certe prerogative. Si parla, quindi, di invisibilità degli africani, poiché lontani dalla società civile e estranei ai processi di inclusione. Pur dichiarando che non esistono, a tutt’oggi, politiche ad hoc che mirino alla valorizzazione delle competenze e abilità acquisite dagli studenti africani, è stato auspicato un loro maggior coinvolgimento futuro. Il Comune di Padova, nella veste della Dottoressa Ostanel, risulta essere, quindi, aperto a nuovi stimoli. Nella stessa direzione, seguendo quasi un fil rouge precedentemente concordato, si colloca l’intervento dell’Onorevole Touadi, unico parlamentare di origine africana. Egli sottolinea l’importanza di sapere esattamente quello che si vuole fare, di avere un progetto chiaro. Diventa essenziale per gli studenti africani assorbire gli aspetti positivi della società in cui si trovano a vivere, combinandoli efficacemente con quelli della loro cultura d’origine e non quindi sostituendoli ad essa. Infatti, prendendo spunto da un proverbio africano, ricorda agli africani in platea che un tronco d’albero in un torrente, anche dopo molti anni, non diventerà mai un coccodrillo. Non trasformarsi è l’imperativo di Touadi. Esorta gli studenti africani a non dimenticarsi da dove vengono, a non dimenticarsi dell’Africa, altrimenti non saranno utili né qui né altrove. Il consiglio è quindi di uscire dall’anonimato, di partecipare alla vita pubblica, di studiare assiduamente, di lavorare sodo, perché la fatica porta con sé i risultati del successo. Inoltre, sprona i suoi fratelli ad agire per l’Africa anche dall’estero, loro, la diaspora possono, devono fare molto. A questo proposito, ribadisce la sua proposta di convolgere gli africani nei progetti di cooperazione allo sviluppo delle associazioni italiane. Oltre ai messaggi lanciati dagli ospiti, uno spazio è stato dedicato a due testimonianze. Alain Siwe Tcheukam e Nono Simplice Aimé hanno potuto parlare della loro esperienza passata e presente, esprimendo dubbi, perplessità, speranze e ringraziamenti. Questo momento è servito come esempio di un epilogo positivo, in quanto Simplice è impiegato presso un’agenzia della BNL-Gruppo BNPPARIBAS, mentre Alain sta svolgendo un dottorato presso l'IMT, Istituto di Ricerca e Alti Studi di Lucca.

Vari sono gli spunti di riflessione che sono emersi dagli interventi e dalle testimonianze e l’intenzione è di dare un seguito alle proposte. Gli studenti africani si sono sentiti prendere in causa personalmente, ogni discorso parlava di loro. La valutazione della conferenza è stata positiva e sembra che una maggiore consapevolezza stia nascendo. Da parte sua, CUI si augura che eventi del genere si ripetano, vista l’eterogeneità del pubblico, e che numerosi siano i momenti di scambio e di dialogo tra la realtà italiana e africana, consci del fatto che in un mondo ormai globale sono l’unità fa la forza, poiché io sono, perché siamo.