Il titolo rammenta “Africa must unite” del leader ghanese
Kwame Nkrumah, libro tradotto e pubblicato in italiano per la prima volta nel 2011
con una prefazione del Presidente Giorgio Napolitano grazie al contributo della
Cassa Padana BCC e della Fondazione Dominato Leonense. Tuttavia, contrariamente
all’opera di Nkrumah, essenzialmente apologetica di un’unità continentale tous azimuts, in “L’Africa nera deve
unirsi” l’autore, basandosi sulla documentazione storica e sulla letteratura in
materia, non solo sostiene una federazione politica della sola Africa
subsahariana, ma va oltre, dichiarando che tale è in realtà il vero significato
dell’ideologia panafricana. Il panafricanismo originale, in effetti, si riferisce
esclusivamente all’Africa nera e alle sue diaspore, e mai all’intero
continente. Che conclusioni trarne allora riguardo all’odierna Unione Africana
considerata un’organizzazione panafricana? In un complesso di cinque capitoli,
l’autore presenta al pubblico i risultati di una ricerca durata due anni sulle
origini e l’evoluzione dell’ideologia panafricana, in un approccio accademico
ma con uno stile che si vuole accessibile a tutti.
“L’Africa nera deve
unirsi” non è solo un libro di politica e di storia. Esso pone questioni e
propone risposte a problematiche inerenti all’identità stessa degli africani,
alle loro condizioni nei vari paesi di immigrazione, oltre ad analizzare i
rapporti afro-europei degli ultimi cinque secoli, i quali si possono riassumere
in due maggiori avvenimenti storici: la tratta negriera e la colonizzazione. E’
proprio nel contesto della tratta atlantica che milioni di africani
subsahariani, catturati e deportati verso il “nuovo mondo”, scoprono di
appartenere ad una vasta comunità di origine, di valori e di destino. Per
riabilitarsi come popolo tra le nazioni, gli esponenti di tali diaspore
elaborano un’ideologia rinascimentale basata sulle specificità antropologiche e
culturali del mondo nero: il panafricanismo. L’ideologia prevede la
riunificazione dell’Africa nera e delle sue diaspore in un unico insieme
geopolitico da erigere sul continente africano, la madre terra. Le questioni
delle origini e della definizione del panafricanismo, affrontate nei primi tre
capitoli del libro, sono assai complesse. I dettagli storici che vi sono
esposti e le relative analisi trasversali dell’autore sono volti a fornire alla
diaspora africana dell’Italia degli elementi utili per una miglior conoscenza
della storia dell’Africa e per la coniazione di una diversa percezione della
loro stessa alterità che, come risaputo, è in crisi per via degli innumerevoli
complessi d’inferiorità che essi si trascinano dietro sin dall’epoca coloniale
nei confronti dell’Europa.
Nel quarto capitolo
l’autore rintraccia, mediante una recensione postcoloniale della letteratura
disponibile in materia, l’evoluzione novecentesca dell’ideologia panafricana,
mettendo in risalto il rapporto dinamico scaturito dallo scontro con il
colonialismo. Emergono quindi le tre grandi correnti panafricane del secolo,
ovvero il garveyismo, lo nkrumaismo e il pensiero panafricano di Dubois, delle
quali viene proposta una vera e propria analisi comparata.
Nel quinto e ultimo
capitolo viene descritto l’impatto istituzionale dello nkrumaismo sull’evoluzione
politica dell’Africa post-indipendenza. Ora, sulla base della analisi
dell’autore, si aprono nuove interrogazioni: devono, oggi, gli Stati
dell’Africa subsahariana ritirarsi dall’UA per formare una nuova entità
geopolitica negro-africana? oppure potrebbero, pur restando membri dell’UA,
dare il via a un’altra organizzazione particolaristica come d’altronde fanno già i paesi magrebini dell’UA con la
Lega Araba?
Con “L’Africa nera deveunirsi” l’autore si pone l’obiettivo di aprire in Italia, tra la diaspora nera
e la società civile italiana, un dibattito su quanto è davvero successo in
Africa in quei secoli, sulla rilevanza dell’istituzione di una giornata
nazionale delle memorie nere ad opera della diaspora africana, sulle ragioni
dell’arretratezza materiale dell’Africa nera e sull’origine della
discriminazione di cui i subsahariani sono oggetto, cui anche tutto il mondo
della cooperazione allo sviluppo può trarne insegnamento. Il libro mira a
gettare luce sulla questione dell’identità degli africani, sulla loro unità
culturale e sull’ambiguità della parola “Africa”, la quale viene usata a volte
per designare l’intero continente e a volte per stigmatizzare i soli
subsahariani. Inoltre, rappresenta un nuovo strumento attraverso il quale la
diaspora potrebbe percepirsi ed insegnare la storia recente dell’Africa ai
propri figli, e mediante il quale abbordare la questione dell’origine stessa
del razzismo e del rigetto del “nero”, pratiche che non sono affatto un
fenomeno sociale spontaneo ma che hanno radici nel passato, in una lontana
trama storica che ha portato alcuni africani delle diaspore a forgiare
un’ideologia politica e culturale di rinascimento: il panafricanismo.
Ekue Folly G.
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